giovedì 30 novembre 2006

Calcio: Columbia 92

Da sin.: Haug, Soffio, Tano, Fabio, Roberto C., Beppe, Rino, Marcello, Davide P.
Accosciati: Franco G., ..., ...., Alberto P., Alberto C. (cap.), ... .

Da un gruppo di amici che giocava a tennis, è nata l'idea di trovarsi per tirare due calci ad un pallone; dopo una prima partitella sperimentale in un parco a Venaria, decidemmo di fondare una squadra per partecipare a qualche campionato amatoriale.
Il primo nome della squadra fu un improbabile Twin Peaks derivante dall'infatuazione del Presidente Haug e del Capitano Alberto per l'agente Cooper - o forse per la sua segreteria telefonica Dyane... Vincemmo la prima partita di campionato, 2-0 casalingo, mi pare il primo gol lo avesse segnato Beppe, mentre sul secondo non ho dubbi, una cannonata dalla trequarti di Rino.
Nella stagione successiva, sull'onda del recente viaggio in Canada - British Columbia, abbiamo cambiato il nome della società in Columbia 92; società che diventò polisportiva in quanto ci iscrivemmo anche al campionato di basket (con un po' di giocatori diversi, ovviamente!).
Alle maglie blucerchiate aggiungemmo la divisa arancione che ci contraddistinse per tante stagioni. Eh, bei tempi!
Abbiamo potuto contare, nel corso degli anni, su giocatori buoni e meno buoni, simpatici e meno simpatici (NDR: Albi, sai a chi mi riferisco vero? come si chiamava l'amico di Borgogno?), comunque ci siamo sempre divertiti un sacco e gli aneddoti non mancano.
In porta potevamo contare su due fuoriclasse come Franco Fisher Giacosa e Dome Niko Dellarole, e poi sul comunque valido Artan Tano Mema.
Al centro della difesa si ergeva quale ultimo baluardo Alberto, il Capitano (soprannominato Barnard a causa di un unico rude intervento a cuore aperto a centrocampo, rispetto a un comportamento solitamente più elegante).
Lo affiancava il fiero Marcello - se si fosse trattato di un telefilm americano, lui sarebbe stato il poliziotto cattivo - marcatore arcigno e molto mobile. Tra i centrali difensivi si sono distinti Lalo Michelangelo e il sorprendente Frank Giacosa, positivo anche fuori dai pali.
In linea di massima la fascia sinistra difensiva era di mia competenza, tralasciamo ogni commento, per piacere... Devo dire però che ogni tanto negli sganciamenti riuscivo a timbrare qualche gol, preferibilmente insaccando tiri di Marcello contro il palo o il portiere e che io spingevo da due passi in rete. Tra l'altro quasi tutti i miei gol avvenivano in campi in collina: ho segnato a Riva di Chieri, Pavarolo, Malanghero...
A centrocampo hanno giocato in mediana, nei vari periodi Rino, Fabio Dellarole, Soffio, Valter (talvolta anche in difesa) mentre il compito di rifinitura era appannaggio del Numero 10 Beppe Ricciardi, il cui unico limite alle giocate di fino erano le ginocchia di cristallo (e i tacchetti degli avversari); altro grande trequartista è stato uno dei nostri stranieri, un peruviano che disponeva di colpi veramente vellutati.
Sulla fascia operavano Enrico Albanese e il buon Angelo Ruggiero. E' stato un buon realizzatore anche se è rimasto memorabile soprattutto per un episodio: in una partita in cui l'arbitro ci stava dando abbastanza contro e lui era già stato ammonito; ad un certo punto l'arbitro gli fischia un fallo contro, lui si indispettisce e protesta, l'arbitro gli mostra il secondo giallo e poi il rosso; allora Angelo, furente, gli si avventa contro e, strappandogli il cartellino di mano e gettandolo per terra gli urla la fatidica frase "devi morire con la giacchetta nera!!" Grandissimo! Nove settimane di squalifica...
In attacco i nostri frombolieri sono stati Morello e Zaccarella, centravanti classici e molto affidabili, il lungo Roberto Citterio, forte di testa, il funambolico Manuel Huayamares, altro peruviano, il nostro capocannoniere nella nostra miglior stagione, quando sfiorammo il passaggio in Eccellenza.
Concludo ricordando il torneo di Greggio (NO), dove fummo invitati dal C.S.I. quale rappresentante torinese: disputammo due partite in mattinata, ottenendo due pareggi. Dovevamo ancora giocare nel pomeriggio una partita ma non potevamo comunque qualificarci alla fase successiva; fatto sta che a pranzo andammo in trattoria e NON ci ALIMENTAMMO come avrebbero dovuto fare degli sportivi prima di una gara! No, direi di no... e soprattutto non avremmo dovuto BERE quello che abbiamo bevuto!
Naturalmente perdemmo quella partita ma la cosa più tragica fu vedere il nostro giocatore che fungeva da guardalinee, correre lungo il campo (ubriaco?) sventolando la bandierina!!

martedì 28 novembre 2006

La Stella: io c'ero...

Penultima giornata del campionato 1978-79, al Milan basta un pareggio interno con il Bologna per conquistare matematicamente lo scudetto numero 10 della sua storia, che gli darebbe diritto di poter sfoggiare la tanto agognata stella.
L'ultima volta che il Milan era arrivato così vicino a questo traguardo era finita malissimo: era l'ultima giornata del campionato 1972-73, con un punto di vantaggio su Juventus e Lazio. Poi però lo scudetto andò ai bianconeri, mentre il Milan perdeva incredibilmente 5-3 in casa del Verona... (eravamo cotti dopo la vittoria della Coppa delle Coppe conseguita solo 3 giorni prima a Salonicco, Milan-Leeds 1-0)
Riuscii a combinare con alcuni parenti residenti a Milano, che riuscirono a procurarsi il prezioso biglietto e mi accompagnarono a San Siro.
Sembrava però che ci fosse ancora una volta un sortilegio che ci avrebbe impedito questa conquista: la partita rischiava di non poter essere giocata per motivi di ordine pubblico in quanto era stato occupato un settore del terzo anello che era stato dichiarato inagibile.
Intervenne al microfono Gianni Rivera e finalmente, sgomberato il settore, la partita potè avere luogo. Furono 90 minuti di noia mortale, in quanto anche al Bologna fare un punto andava benissimo, per cui le due squadre si guardarono bene dall'avvicinarsi all'area avversaria.
Al triplice fischio, boato della folla e pacifica invasione di campo: io riuscii ad arrivare sul prato e - mentre altri provvedevano a rastrellare qualunque cosa potesse essere considerato un cimelio a ricordo della storica giornata - raccolsi alcuni fili d'erba che conservo ancora, ormai bianchi.

venerdì 24 novembre 2006

La mitica 500

La mia carriera di automobilista iniziò con le lezioni di guida fatte con papà intorno al Parco della Pellerina - nel 1980 non era ancora frequentato dalle lucciole - in vista degli esami da privatista per l'ottenimento della patente. Il percorso era l'ideale per i principianti, andandoci di sera: era abbastanza fuori mano, non aveva incroci, aveva alcune curve morbide, utili per prendere confidenza con lo sterzo e effettuando sempre e solo svolte a destra era possibile percorrere lunghi tratti senza grossi problemi.
Il parco auto di famiglia era piuttosto limitato - una Fiat 127 usata dalla mamma e una 500 usata da papà - e la scelta fu fatta a favore di quest'ultima, altrimenti poi mia madre "non trovava più le marce..."
Superato l'esame di teoria ed effettuate le guide con papà a fianco - in prossimità dell'esame mi esercitai prevalentemente sulla 127 in quanto non era possibile sostenerlo con la 500 - finalmente venne il giorno in cui, con l'esaminatore di fianco e papà sul sedile posteriore, effettuai e superai la prova (28.10.1980).
Da quel momento, con il foglio rosa firmato potevo guidare anche senza avere a bordo qualcun'altro con la patente e il mio primo tragitto senza istruttore fu per accompagnare Danila a casa (distanza presunta: 500 metri) però specialmente al ritorno, senza una presenza a fianco, ebbi delle sensazioni strane.
Alla mitica 500 sono legati una lunga serie di episodi memorabili, è stata sede delle interminabili dissertazioni notturne con Sergio, è stata il mio Leopard privato quando guidavo seduto sullo schienale, con la testa fuori dal tettuccio (cfr. discese con il bob al Parco Ruffini), è stata il mezzo di trasporto preferenziale (in quanto il primo) della compagnia, è stata oggetto di furto e ritrovamento in condizioni straordinarie, è stata protagonista nella nottata di saluto agli amici prima della partenza per naja... era la mia seconda casa (perchè la prima casa, all'epoca, era la Birreria da Alberto).
La mitica 500 sarà presente in molti altri futuri racconti.
In questo primo pezzo descriverò alcuni usi impropri - bambini, non ripetetelo a casa! è pericoloso! - e la drammatica fine che ne fu la conseguenza.
Uno dei divertimenti dell'epoca era andare a fare i testacoda sulla neve, in genere nello spiazzo della Pellerina dove ora sorge il Luna Park, oppure nel parcheggio (generalmente di notte deserto) del Palazzetto dello Sport al Parco Ruffini.
Perciò, quando nevicava, ci mobilitavamo, in genere con Sergio, Mauro, Cinzia P. e magari altri, di volta in volta.
Si andava negli spazi che ho descritto e iniziavo a fare i testacoda con l'aiuto del freno a mano, dapprima cautamente, poi in maniera sempre più spregiudicata.
Una volta, al Ruffini, quando siamo usciti dal parcheggio per tornare a casa, lo sterzo non rispondeva più... ma che sarà successo, ma cos'è, ma cosa non è... alla fine guardando sotto i parafanghi anteriori abbiamo scoperto che erano completamente ripieni di neve che si era ghiacciata e impediva il movimento dello sterzo delle ruote! Ci armammo di bastoni e semisdraiati nella neve sotto la macchina raschiammo via il ghiaccio per riuscire finalmente a far girare il volante!
Un'altra volta, alla Pellerina invece, mentre effettuavamo le evoluzioni sulla neve fresca, avevamo, come incuriositi spettatori, dei componenti di un circo che stava in quei giorni proprio lì vicino. In effetti il circo ci occupò il solito piazzale, così scesi a fare i testacoda direttamente in un prato adiacente, con tanto di alberi e vialetti interamente coperti dall'abbondate nevicata.
Purtroppo, al momento di risalire sulla piazzola per poi tornare a casa, la mitica non riusciva a superare la leggera pendenza e slittava all'indietro; Sergio e gli altri scesero allora a spingere ma gli sforzi furono inutili (beh l'unica volta che la mitica fece un salto in avanti, Sergio, che stavo guardando nello specchietto, si trovò disteso nella neve a pelle di leopardo...)
I circensi! Le risate! Ah sì? Uscii dalla 500 e li invitai, anzichè starsene là a guardare, a mettersi anche loro a spingere! Beh, vennero, e con il loro aiuto finalmente risalimmo la collinetta e riuscimmo a ritornare nel parcheggio. Non era ancora finita però...
Pochi metri dopo, inziai a vedere nello specchietto retrovisore una fumata degna dei motori di formula 1 quando stanno per esplodere!
Ci fermammo e con cautela aprimmo lo sportello posteriore... altra enorme fumata bianca...
Per farla breve, scoprimmo che durante le evoluzioni nella neve fresca, si erano staccati due dei quattro bulloni che fissavano una piastra sotto il motore: cosicchè la parte staccata fungeva da scivolo e raccoglieva la neve e la mandava sul motore, il quale, rovente, la faceva istantaneamene evaporare!
Nel suo atto finale, la mitica purtroppo, e per colpa mia, ha avuto la peggio. Eravamo andati in birreria da Alberto, come tutte le sere - no, il lunedì si andava al Palou perchè Alberto era chiuso - era dicembre, qualche giorno prima di Natale. Nel viaggio di andata, per tutto il tragitto avevo compiuto quattro o cinque testacoda, era abbastanza tardi e le strade erano deserte: tutto bene, nevicava e le strade erano gelate. Al ritorno ricordo di averne fatti ancora un paio, in corso Regina Margherita, anche se aveva ormai smesso di nevicare. Avevo in macchina con me Max a fianco e Marina sul sedile posteriore; sulla sua macchina seguiva Gianni con altri amici.
Quando arrivammo in corso Inghilterra, tra via Duchessa Jolanda e Via Cavalli, decisi di fare l'ultimo tentativo, visto che ormai eravamo vicini a casa mia, dove Max aveva la sua Uno.
L'ultimo testacoda fu fatale: forse per la velocità un po' eccessiva, forse perchè la strada nel frattempo si era asciugata, o per il movimento troppo brusco dello sterzo... in ogni caso, quando tirai il freno a mano la mitica fece solo mezzo giro, quando arrivò trasversale rispetto al senso di marcia si ribaltò sulla fiancata destra e iniziò a strisciare sull'asfalto!
In quei brevi attimi ho avuto paura: strisciare sull'asfalto può causare scintille e la 500 ha il serbatoio anteriore bello esposto... continuando a strisciare ci avvicinavamo al gradino del centro del viale, bello alto e poco rassicurante... trovandoci su un fianco, io istintivamente avevo portato un braccio a trattenere Max e ora ero appoggiato con la mano al finestrino, se questo si fosse rotto la mia mano finiva sull'asfalto, e anche Max, probabilmente... di Marina non avevo percezione, se avesse battuto la testa o cosa le fosse successo... il cristallo anteriore, nell'impatto con l'asfalto, era stato sbalzato tutto intero, praticamente intatto, quindi per fortuna non abbiamo avuto problemi di tagli con vetri...
In quei pochi secondi, tutte queste cose sono turbinate nella mia mente e quando finalmente ci siamo fermati, senza avere il coraggio di girarmi, ho solo chiesto: "Ci siamo tutti? Tutto bene?" e sentire già solo le voci di Marina e Max mi ha risollevato il morale.
A quel punto, appurato che non ci eravamo fatti male (beh Marina ha dovuto dire ai suoi che era caduta pattinando perchè aveva un po' di lividi dappertutto... e Max aveva sbattuto qualche parte sensibile...) mi è tornato il sangue freddo e, uscendo dal vetro anteriore, ho tranquillizzato anche i componenti dell'altra auto che avevano assistito a pochi metri di distanza ed erano anche loro terrorizzati.
Quindi, andai con tutta calma a recuperare, da quel che restava del mio parabrezza, una ventina di metri indietro, i tagliandi del bollo e dell'assicurazione.
Ad assistere a tutta questa scena ci fu uno spettatore, che vide il mezzo testacoda, la strisciata, l'uscita incolume dei passeggeri a bordo e la naturalezza con cui mi ero recato a raccogliere i documenti e pensò che stessimo girando un film! Infatti a Gianni disse proprio: "ahò, ma che, state a girà un film?"
L'ultimo atto fu la ricomposizione della mitica: buttai il parabrezza in un bidone, poi, una volta riportatala sulle quattro ruote, misi in moto e... funzionava! A passo d'uomo arrivai fino a casa (sembrava di essere in moto, senza il parabrezza, ma non avevo nè occhiali nè casco!), parcheggiai fuori, salii a casa e mi feci vedere - ok ero vivo no? - quindi dissi dell'incidente (se mia madre avesse visto PRIMA solo la 500...) e infine tornai alla macchina e la riportai nel parcheggio...
Purtroppo le riparazioni erano impossibili perchè ne valesse la pena; era balenata l'idea di farne una spider... avevo visto una 600, una volta, ed era fantastica! Purtroppo, mi informai, mettervi mano in quel modo voleva dire creare un modello fuoriserie, al pari dei prototipi o delle F1, con costi di immatricolazione e tutto il resto che lo rendevano impraticabile.
Peccato!



Via!
(Claudio Baglioni)

la mia sigaretta brilla rossa
insieme a luci di periferia
zampate della vita sulle mie ossa
sei più sincera quando dici una bugia

sull'asfalto acquoso una luna affilata a tagliare i fili che legano le stelle
stringo al cuore una lattina vuota e scopro che hai lasciato le unghie sulla mia pelle
finestrini aperti a dissetarmi di vento
la mia ruota incollata sulla striscia bianca della mezzeria

gli occhi come due pezzi di vetro
tu non sei come mi credevo io
un autotreno mi ruggisce dietro
ma perché hai fatto il mondo così triste Dio?

alberi si drizzano ai lati della strada mi corrono accanto e il buio se l'inghiotte
alla radio un rock arrabbiato come un pugno allo stomaco che mi stringe nella notte
un dolore e un lampo di fuoco rosso
dentro a questo amore che io non posso io non posso più

voglio andar via
i piedi chiedono dove ma via
tanto non ti perderò perché tu non sei stata mai mia
voglio andar via
da quei tuoi occhi che tirano sassi
e come in un duello far dieci passi e poi
guardarci l'ultima volta e via

dimmi che cos'è che ci hanno fatto
dimmi cosa c'è che io non so
perché tutto è finito come cenere in un piatto
e quei ragazzi ch'eravamo noi non ci sono più

e scambiare due parole brevi
con la notte blu dei benzinai
io ti baciavo mentre tu piangevi
e adesso che io piango tu chi bacerai

un caffè che drizza i capelli un pacchetto di fumo e il vento rilegge il mio giornale
e domani uscire di nuovo farmi una faccia allegra per il prossimo Carnevale
un chiarore freddo come un rasoio
per un altro giorno che nasce muoio
muoio muoio

voglio andar via i sogni cercano dove ma via
anche all'inferno ci sarà qualcuno a farmi compagnia
voglio andar via da te
che goccia a goccia hai bevuto il mio cuore
e dagli straccivendoli ricomprare
quel che resta del mio amore e andare via


Verso Bologna
(Sergio)

Correre di notte
su strade sconosciute,
che importa dove vai.
La radio a tenerti compagnia,
non è necessaria, ma
il silenzio esprime meglio
un anno di novità.
I tempi son cambiati
e non c'è più in sottofondo
il motore ormai stanco
della “nostra” 500;
è cambiato il rumore
che accompagna le nostre parole.
Che pazzia questa sera,
pur di stare insieme,
centinaia di chilometri
in una sola notte
e parlare come sempre
della nostra vita,
incuranti della notte
e del sonno che ci stringe.
Riscoprirsi ancora
amici come sempre
mentre le ruote
ci portano al distacco.

martedì 21 novembre 2006

Un viaggio in Inghilterra

Agosto 1989. Con Maurizio e Cinzia, Valter e Maria Grazia, abbiamo organizzato per le vacanze un viaggio in camper in Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda.
Queste le tappe principali.
Londra: due o tre giorni di visita giusto per avere un'idea della metropoli, ma sicuramente avrebbe meritato più tempo.
Oxford e Cambridge, sedi delle più prestigiose Università.
Il sito archeologico di Stonehenge, estremamente suggestivo, con i famosissimi monoliti preistorici.
Puntata in Cornovaglia fino a Penzance e Land's End, prima di risalire verso il Galles.
Visita di Cardiff, dove abbiamo potuto assistere, casualmente, a una ricostruzione storica, con personaggi in costume, di un torneo medioevale.
Nel tragitto verso il traghetto per l'Irlanda, breve deviazione verso la cittadina con il nome più lungo del mondo, Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch che significa Chiesa di Santa Maria nella valletta del nocciolo bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San Tysilio nei pressi della caverna rossa.
In Irlanda siamo sbarcati a Dublino, dove tra le altre cose abbiamo visitato la fabbrica della birra Guinness: dopo il giro e le spiegazioni sulla storia della birreria, al momento della degustazione però una leggera delusione, forse perchè ci è stata servita a temperatura ambiente - come previsto - o forse perchè eravamo a stomaco vuoto.
Percorremmo l'Irlanda in senso antiorario, visitando nella parte meridionale la città di Cork e il Monastero di Clonmacnoise.
Molto belle dal punto di vista paesaggistico le due penisole sul versante occidentale, Kerry e Dingle.
Intanto il viaggio in camper proseguiva senza grandi intoppi, il clima era abbastanza clemente, la difficoltà iniziale di guidare a sinistra ormai era stata superata, i turni di guida, divisi in tre, non erano particolarmente gravosi. I posti letto erano stati sorteggiati e la mansarda, dove il letto era più lungo e più largo, avevamo deciso di occuparla a rotazione, una settimana per coppia.
Tornando alle tappe del viaggio, attraversammo il confine tra Irlanda e Ulster, ricordo il posto di blocco, si arrivava in una strada in cui si poteva accedere solo un veicolo per volta, si poteva procedere solo a passo d'uomo, era sbarrata da un muro e ci si doveva spostare lateralmente, a zig zag fino ad arrivare al controllo documenti, con le guardie armate piazzate sui muri tutto intorno.
A nord abbiamo ancora visto Giant's Causeway con le sue rocce basaltiche imponenti.
E' stata la volta della Scozia, traghettammo da Larne a Stanraer e iniziammo a risalire verso Glasgow; quest'ultima è una città prevalentemente industriale e non molto turistica.
Bellissima invece la capitale Edimburgo, quando arrivammo noi era appena terminato il Festival Musicale annuale, che si svolge abitualmente nel mese di luglio; la città comunque aveva un suo grande fascino.
Il fattaccio accadde nel viaggio di trasferimento tra Glasgow ed Edimburgo: ad un certo punto il traffico si intensificò e pochi kilometri più avanti scoprimmo che la causa era una deviazione sulla strada statale, dove un vigile stava indirizzando tutto il traffico verso una strada laterale.
Naturalmente anche noi fummo deviati e ci accodammo al lento flusso di auto incolonnate.
Ero io alla guida, era giorno e nell'abitacolo stavamo ascoltando musica e parlavamo approfittando anche del fatto che viaggiavamo a 10/20 kmh.
In lontananza iniziai a scorgere un ponte ma mi aveva mandato il vigile...
Intanto la coda procedeva sempre lentamente.
Nell'abitacolo parlavamo e progettavamo le prossime tappe.
Il ponte, sotto cui saremmo dovuti passare, si avvicinava, ma mi aveva mandato il vigile...
Il continuo flusso di auto procedeva sempre lentamente, ma senza nessun intoppo.
Nel camper regnava grande allegria.
Il ponte iniziava ad essere vicino, e non mi sembrava particolarmente alto... ma mi aveva mandato il vigile... ha visto che guidavo un camper, no?
Nell'abitacolo parlavamo - ma guardavamo con sospetto il ponte in avvicinamento - la coda procedeva a bassa velocità...
Il ponte però - cavoli - mi sembrava piuttosto basso... non è che per caso... ma no! mi aveva mandato il vigile...
Le auto continuavano a scorrere lentamente e noi le seguivamo - per forza, c'era solo quella strada... - però ci scambiavamo qualche occhiata interrogativa riguardo al ponte che si profilava sempre più vicino...
Già, il ponte - minchia se è basso! - ah ecco! c'è un cartello! - le macchine procedono lentamente - mi ci ha mandato il vigile... - il cartello dice che l'altezza è... - ma noi quanto siamo alti? - le macchine procedono lentamente - dunque il ponte è... - caxxo è misurato in piedi - ah ecco sono... dunque una yard sono 3 piedi... una yard è circa un metro... allora quelli sono... dunque quanti piedi... - il traffico prosegue lentamente - ecco si allora sono... i pollici sono... e quanti piedi... - siamo proprio sotto! miii... non ci passiamo! - BAM!
Quel deficiente del vigile!! Mentre facevo la conversione dal sistema anglosassone al metrico decimale, sia pure a passo d'uomo, sono arrivato proprio sotto al ponte quando, per fortuna ho inchiodato! Tuttavia, anche se solo per forza d'inerzia, la mansarda del camper si è schiantata contro il bordo del ponte, troppo basso! Un lato della mansarda si è aperto, la bordatura in alluminio si è staccata - tutta la coda che avevamo dietro ha dovuto aspettare che noi girassimo e tornassimo indietro, dove c'era il vigile che avrei volentieri fulminato - e insomma abbiamo subito un bel danno.
Quella sera iniziava il mio turno in mansarda e da quella sera iniziò a piovere e piovve praticamente tutti i giorni. La mansarda cercammo di ripararla con dello scotch da pacchi, però l'acqua filtrava comunque e il fondo del letto era sempre bagnato.
Al ritorno a Torino, il noleggiatore del camper ci fece una scenata per non averlo avvertito - gli dicemmo che era successo durante il viaggio di ritorno e non una settimana prima - e mise il mio nome sulla sua lista nera.
Il viaggio comunque proseguì ugualmente, visitammo Loch Lomond e Loch Ness, poi Inverness, quindi tornammo verso sud e facemmo una tappa in uno splendido campeggio nel Lake District.
Complessivamente un bel viaggio, rivedrei volentieri molti posti, ma con più calma, magari un fly & drive o un bed & breakfast per guadagnare tempo durante i trasferimenti, anche se, viaggiando in camper hai il grande vantaggio di non dover perdere tempo a cercare dove dormire.

Foto 1: all'interno del camper, banane all'ora di cena

Foto 2: ci siamo schierati davanti al camper, ma sullo sfondo c'è un suggestivo paesaggio. Macchina foto su cavalletto e autoscatto. Un camion, unico altro veicolo nel giro di svariati kilometri, riesce a rimanere immortalato esattamente quando scade l'autoscatto. E copre tutto il paesaggio.

Foto 3: foto scattata da Cinzia. Maurizio mi prende in giro per l'ammaccatura della mansarda contro il ponte, ma non si accorge che nel frattempo gli avevo appiccicato una X di scotch sul didietro.

lunedì 20 novembre 2006

Mondiali di calcio: Italia '90

Torino, 24 giugno 1990 - Stadio delle Alpi
Ottavi di finale: Argentina-Brasile 1-0 - Caniggia 80°
Foto da me scattata all'uscita dello stadio

Il Campionato Mondiale di Calcio svoltosi nel 1990 in Italia sarà per sempre ricordato come la più grande occasione sprecata, dalla nostra Nazionale, per vincere il titolo.
In quella edizione, sembrava che ogni cosa girasse per il verso giusto, le avversarie tradizionali non sembravano irresistibili, il Brasile, la Germania, l'Argentina, l'Olanda, l'Inghilterra... Certo, squadre sempre difficili da battere ma sicuramente meno competitive di altre volte.
Per di più, dopo le prime partite, l'Italia sembrava aver trovato la formula vincente, con un grande Baggio e uno spiritato Salvatore Totò Schillaci che riusciva a tradurre in gol qualunque pallone transitasse nei suoi paraggi; la difesa, inutile dirlo, era stata all'altezza della nostra tradizione, senza subire goal nelle prime 5 partite. E poi...
E poi successe il dramma... Certo, una sconfitta in semifinale contro l'Argentina poteva capitare, ma per come si è materializzata l'amaro in bocca c'è stato. Innanzi tutto nei giorni precedenti la partita, Maradona, eroe del Napoli dello scudetto, aveva aizzato il pubblico del S. Paolo - fu l'unica partita che l'Italia non giocò a Roma, in quanto le semifinali erano in programa una a Torino e l'altra appunto a Napoli - tanto da far sentire l'Italia quasi in campo neutro, se non proprio in trasferta...
Poi l'inizio della partita e il gol del vantaggio con Schillaci - sempre lui - sembrava orientare ancora una volta il risultato a nostro favore; infine la mezza papera in uscita di Walter Zenga e il gol di testa di Caniggia. Uno a uno, supplementari e sconfitta ai rigori (come USA 94 in finale contro il Brasile, come Francia 98 nei quarti di finale e però a differenza di Berlino 2006!)
A Torino io e Luciano prenotammo due carnet di biglietti per vedere nel nuovo Stadio delle Alpi le partite in programma: si giocava il gruppo del Brasile, che incontrò Svezia, Costarica e Scozia.
Negli Ottavi di finale era in cartellone un intrigante Brasile-Argentina, quest'ultima ripescata come miglior terza, in un girone dietro a Camerun (!) e Romania.
L'astuzia dei biancazzurri prevalse sull'evanescenza dei verdeoro. Lo spettacolo del pubblico comunque fu fantastico: il tifo brasiliano ci aveva allietato durante tutte e quattro le partite e anche nel momento della sconfitta, fecero buon viso a cattiva sorte.
L'ultima partita in programma a Torino era la semifinale: ci toccò un Germania-Inghilterra emozionante, finito 1-1 e poi vinto dai tedeschi ai rigori.
Di quell'esperienza ricordo i suggestivi tramonti che si vedevano dietro la tribuna Ovest, lo stadio gremito di tifosi festanti e non violenti e in generale l'atmosfera di festa che si respirava; atmosfera che ho poi ritrovato solo raramente negli stadi e ho dovuto aspettare invece la manifestazione olimpica.
Perchè tifosi di nazionali avversarie possono coesistere e quelli di squadre italiane devono massacrarsi ogni settimana?

domenica 19 novembre 2006

Clan MSS

Il Clan MSS nasce nell'aprile 1999 da un'iniziativa del fondatore, Francesco, alias Batizerg[MSS], alias Zephiro[MSS], alias IlBuono[MSS], alias IlBuonZeph[MSS] per accomunare e riunire determinati partecipanti al gioco online Starcraft.
I soci di questo Clan dovevano avere, come caratteristica fondamentale, una filosofia di gioco che doveva mettere in risalto l'aspetto ludico e divertente del gioco, a discapito di coloro che ne esaltavano invece lo spirito competitivo fine a se stesso, senza riguardi per gli avversari e comunque gli altri giocatori in genere.
Già dall'acronimo MSS questo veniva ben sottolineato: infatti la sigla sta per Molto Scarsi a Starcraft, a voler sminuire il valore della prestazione e del risultato a beneficio del solo piacere del gioco.
Su questo si innestava la scelta di mantenere, nelle chat di gioco come durante le battaglie, sempre un atteggiamento positivo nei confronti di tutti gli altri, senza lasciarsi andare a comportamenti deprecabili tramite insulti o sbeffeggiamenti verso i giocatori più deboli, anzi offrendosi quali pazienti insegnanti ai principianti.
Il Clan ha riscosso un grande successo, ci sono stati molti iscritti che condividevano questo spirito e fin dai primi tempi è stato chiaro che il rapporto che si andava creando con molti non si sarebbe fermato solo a una superficiale conoscenza online.
L'occasione di incontro è stato lo storico Primo Raduno MSS, che ha avuto luogo all'Isola d'Elba, nell'ottobre dello stesso anno; avevamo avuto l'opportunità - diciamo così - di poter disporre di un Hotel a Tre Stelle tutto per noi, per poterci conoscere dal vivo, per giocare a Starcraft in rete locale e approfondire comunque la nostra amicizia, fino a quel momento solo virtuale.

Ognuno dei partecipanti portò il suo computer di casa, poi con notevole difficoltà, vista la nostra relativa inesperienza e il sistema operativo Windows 98 non propriamente friendly riuscimmo comunque a collegarci tutti insieme e passammo 3 giorni e 3 notti indimenticabili. I momenti più emozionanti sono stati i vari arrivi dei partecipanti al Raduno: di quasi tutti non si conosceva nè la voce nè la faccia, tuttavia bastarono pochi istanti per ognuno per considerare tutti gli altri come amici di vecchia data.
Da quell'ormai lontano 1999 è passata molta acqua sotto i ponti e molte cose sono cambiate: l'espansione del Clan, innanzi tutto, visto che alla sezione dedicata a Starcraft sono seguite quelle dedicate ad altri giochi, Diablo, Warcraft, Diplomacy, Counterstrike, Hattrick, Axis & Allies, WOW.
I Raduni hanno assunto regolare cadenza annuale, più qualche mini-raduno organizzato quà e là per qualche evento particolare, tipo una Cena Medioevale ad Aosta e a cui hanno partecipato - sia pure per una sera soltanto - un buon numero di soci. I raduni annuali si sono ancora tenuti all'Isola d'Elba nel 2000 e 2001, oltre al Capodanno MSS che ha inaugurato il nuovo millennio; poi, anche per questioni logistiche, il raduno si è tenuto a Jesolo e una volta anche a Rimini.
La vita del Clan ha avuto alti e bassi, anche se in tutti i raduni, magicamente, quel feeling speciale si è sempre ricreato, a causa dell'obsolescenza del gioco che ci aveva tutti riuniti, per cui ritengo che attualmente possiamo contare su un più ristretto numero di persone che - però - sono uscite dal loro limitato ruolo di compagni di gioco per entrare di diritto in quello di amici.


sabato 18 novembre 2006

Haug 1000 e 1000

Come è nato il nickname Haug? E perchè questo post è nella categoria ANIMALI?
Certo, il mio nome Augusto è sempre stato abbreviato, in qualche modo: il primo e più naturale è stato Augu - in casa, in cortile e a scuola, fino alle medie.
Poi qualcuno mi ha chiamato Augi (Mila mi chiama tuttora così...), e altri hanno coniato anche altri soprannomi: Mauro mi chiamava Bubu oltre che Augu, Sergio mi chiama Socio, Max mi chiamava Lupard (?) e ora ci chiamiamo entrambi Bambìn in memoria della nostra prof di Ragioneria, che ci chiamava così, gli amici dell'ufficio mi chiamano August o Gustavo, Paolo Romagnolo mi chiama Gustavsson ecc. ecc.
Sì ma... questo Haug?
Qualcuno potrebbe aver già riconosciuto, nell'immagine, una bolletta di Agenzia Ippica... c'è scritto anche Ippodr. che potrebbe aiutare! E dunque la storia è così: dopo il diploma, ho iniziato a fare qualche lavoretto in attesa del servizio militare e di decidere cosa fare, tra Università e lavoro.
Così seguii le orme di Mauro, che già da qualche tempo lavorava nella Sala Corse Statuto e feci anch'io la richiesta per andarci a lavorare: fui preso - avrà contato la raccomandazione di Danila, la figlia del titolare, che era mia compagna delle elementari? ;-)
Il mio posto di lavoro però non fu la Statuto ma l'altra agenzia che il rag. Ronco gestiva, cioè la Sala Corse S. Paolo in via Tolmino.
Correva l'anno 1981: alla S. Paolo c'erano già Livio Mannoni e Lia e poco dopo me arrivò Cristiana; e all'ippodromo di Roma Tor di Valle - ippodropo per trottatori, per chi non lo sapesse - correva, più o meno, un cavallo di nome Haug...
Fu per me immediata la simpatia nei suoi confronti, tanto da immedesimarmi almeno nel suo nome, per cui iniziai a firmare Haug (con una coroncina sulla A per evidenziare la vera iniziale del mio nome) e inoltre iniziai a giocare su quel cavallo, che era un brocco, minime somme.
La bolletta dell'immagine, giocata il giorno della Befana 1982 (eh sì, i giorni festivi, in Sala Corse, si deve lavorare) corrisponde a una giocata che ho fatto di 1.000 lire vincente e 1.000 lire piazzato sul mio cavallo, la calligrafia è la mia e il fatto che ce l'abbia ancora significa che... non si piazzò neppure! Avrei potuto anche vincere 7-8.000 lire!


PS c'era anche un altro cavallo con un nome che è diventato il nick di una mia amica: chi lo sa?

giovedì 16 novembre 2006

Dire Straits

I Dire Straits sono stati sicuramente la colonna sonora dei miei anni '80: ho consumato i primi tre LP - Dire Straits, Communiqué, Making Movies - in formato vinile, non c'era doccia senza Tunnel of love (grazie papà per avermi installato due casse anche in bagno!), sono stati sottoposti a usura anche i vari nastri registrati e poi ascoltati in autoradio.
Tutto è cominciato intorno a Natale 1980: arriva mio cugino Luca da Bologna e mi fa ascoltare Making Movies, che aveva appena comprato, e scoppia l'amore a prima vista (dovrei dire: udito).
Ovviamente viene subito registrato! E ne inizia l'ascolto maniacale. Successivamente, quando i Dire Straits sono venuti per due concerti in Italia, non ho assolutamente potuto rinuciare a partecipare alla loro data torinese: il 1° luglio 1981, Stadio Comunale. Notazione trascurabile: il 2 luglio iniziavo l'esame di Maturità, ma era solo il tema...
Proprio con i proventi del raggiunto diploma ho potuto completare la discografia del gruppo, acquistando tra l'altro un doppio live registrato anche nella tournée italiana.
Le atmosfere che riusciva a creare la chitarra di Mark Knopfler erano estremamente suggestive, penso a canzoni come News per esempio, e trascinanti, come in Sultans of swing e Where do you think you are going?
Ormai il gruppo si è sciolto, resta la produzione come solista di Mark Knopfler, orientata alle colonne sonore o musiche a sfondo celtico - dopo tutto i ragazzi sono di Glasgow - in cui si percepisce ancora, talvolta, la sua grandezza.

La canzone che ho scelto è tratta da Making Movies, ed è dedicata a Cony.


Hand In Hand

the sky is crying the streets are full of tears
rain come down wash away my tears
and all this writing on the wall
oh i can read between the lines
rain come down forgive this dirty town
rain come down and give this dirty town
a drink of water a drink of wine

if i been hard on you i never chose to be
i never wanted no one else
i tried my best to be somebody you'd be close to
hand in hand like lovers are supposed to

as you'd sleep i'd think my heart would break in two
i'd kiss your cheek i'd stop myself from waking you
but in the dark you'd speak my name
you'd say baby what's wrong?
oh here i am baby i'm coming back for more
i'm like a wave that's got to roll into the shore
yes and if my love's in vain how come my love is so strong?

now you and me go parallel together and apart
and you keep the perfect distance and it's tearing at my heart
did you never feel the distance
you never tried to cross no line
now it's another dirty river and another dirty scar
and i don't know who's kissing you and i don't know where you are
so far from home don't you think of me sometime

sky is crying see the streets are full of tears
rain coming down to wash away my fears
and all this writing on the wall
oh i can read between the lines



Mano Nella Mano

Il cielo sta piangendo, le strade sono piene di lacrime
La pioggia viene giù e lava via i miei timori
E tutte queste scritte sui muri
Oh riesco a leggere tra le righe
La pioggia viene giù e dimentica questa sporca città
La pioggia viene giù e da' a questa sporca città
Un sorso d'acqua, un sorso di vino

Se sono stato duro con te, non ho mai scelto di esserlo
Non ho mai voluto nessun altro
Ho dato il massimo per essere qualcuno vicino a cui saresti voluta stare
Mano nella mano come gli amanti dovrebbero stare

Mentre dormi penserei che il mio cuore si spezzi in due
Bacerei la tua guancia e mi tratterrei dallo svegliarti
Ma al buio tu chiameresti il mio nome
Diresti: tesoro, cosa c'è che non va?
Oh sono qui piccolo sto tornando per restare più a lungo
Sono come un'onda che va a infrangersi sulla costa
Si e se il mio amore è invano, come può essere così forte allo stesso tempo?

Ora io e te procediamo parallelamente ma separati
E tu continui a mantenere la tua perfetta distanza, e questo sta distruggendo il mio cuore
non hai mai sentito la lontananza?
Non hai mai provato a passare alcun confine
Ora è un altro fiume sporco e un altra sporca cicatrice
E non so chi ti sta baciando e non so dove sei
Così lontana da casa, non pensi a me ogni tanto?

mercoledì 15 novembre 2006

Basket

Tra i vari sport che ho praticato, quello che mi ha divertito di più è stato il basket.
Ho iniziato a giocare in Seconda Elementare, nel Gruppo Sportivo Casati: la mia maglia era la #21 verde (la seconda squadra aveva le maglie viola). L'allenatore era il mitico Maestro Puzzolo; tra i miei compagni di quella squadra ricordo il fortissimo #4 Franco Rosingana, il #7 Mario Serratrice, il #11 Paolo Silvano e il #9 Mario Rigano. La prima partita la giocammo in trasferta, contro la Scuola Parini, in corso Giulio Cesare, e vincemmo 26-10 (misi a segno 4 punti).
Dopo qualche anno tuttavia dovetti abbandonare il basket in quanto il Casati non aveva squadre oltre una certa età, per cui Puzzolo mi chiese di passare alla pallavolo (la allora da me odiatissima pallavolo). Ci pensai un po' su e alla fine mi decisi di accettare e giocai nella Juniores e poi in Serie D per quasi una decina d'anni.
Ma l'amore per il basket era solo provvisoriamente sopìto: giocai a basket ancora nelle superiori nella squadra della mia classe, con Gianni JR Rocci e Massimo Max Marcori ed erano mitiche le sfide della nostra V^ D contro l'acerrima rivale V^ E.
Appena possibile ripresi a giocare e l'occasione fu il torneo interno della Banca in cui lavoravo, la gloriosa Comit. La mia squadra vinse il torneo e io fui capocannoniere - 100 punti tondi in 4 partite - con tanto di foto e articolo sul giornale aziendale.
Dopo aver ripreso il gusto del canestro, diventava difficile accontentarsi di poche partite all'anno, più qualche settimana di allenamento; capitò l'occasione di poter rilevare delle ore in una palestra, cosicchè con qualche collega - Roberto Citterio, Franco Scagno, Ermanno Basso, Luciano Bandieri... - qualche compagno di scuola - Gianni, Max... - e qualche amico aggiunto - Willem Tousijn, Luca D'Errico - ricominciammo ad allenarci e giocare tra di noi, finchè decidemmo di iscriverci a un campionato C.S.I.
Da quel momento, molti giocatori si sono avvicendati, a Luciano Bandieri si sono sostituiti i figli Mario e Gianni, la palestra è diventata quella di Pianezza, ma fondamentalmente lo spirito è rimasto quello iniziale.

In queste foto è ritratta la squadra che ha partecipato come Comit al Torneo Interbancario Torinese 1998, vincendo in finale contro il forte San Paolo di Mussini e Bedetti.


Formazione:
In piedi da sinistra: Bandieri Luciano (coach); #1 Casciarola Michele; #6 Bandieri Gianni; #20 Soffietti Roberto; #5 Di Puccio Davide; #21 Cosi Augusto (cap.);
Accosciati: #7 Bandieri Mario; #14 Anfossi Cristiano; #4 Mema Artan; #0 Di Fazio Giuseppe.

Top scorer del torneo: #7 Bandieri Mario


Compleanno di Paola

martedì 14 novembre 2006

Axis & Allies


Questo gioco da tavolo vuole rappresentare la situazione militare nella primavera del 1942 quando la Seconda Guerra Mondiale era probabilmente nel suo momento cruciale.
Da una parte l'Asse, con una preponderanza militare schiacciante, dall'altra gli Alleati, economicamente superiori, momentaneamente male armati e impreparati alla guerra. Lo acquistammo in società io e Gianni Bread&Fox Rocci, da tenere nella soffitta in via Belfiore - che affittavamo anch'essa in società - per giocarci al posto del solito Risiko quando ci trovavamo in compagnia.
Purtroppo la lunghezza delle partite e la complessità del gioco ne hanno impedito il suo sfruttamento e per lungo tempo è stato inutilizzato, io ero l'unico ad averne letto il manuale e le regole, ma non trovavo avversari con cui giocarci.
L'occasione capitò anni dopo, parlando casualmente con il mio capufficio di allora dell'agenzia 8 di corso Francia, Luciano; siamo entrati in argomento parlando di Risiko e siamo finiti con l'impegno di combinare una sera per provare il mio nuovo gioco. E così facemmo: organizzammo un venerdì sera con i suoi vecchi amici con cui giocava a Risiko - Willem, Paul e Valter - e da quella volta tutti i venerdì sera sono stati impegnati dalle nostre battaglie.
Valter preferì darsi alle bocce, ma il circolo si è comunque allargato, con le presenze di Roberto Soffio Soffietti; Taio, soprannominato machisenefrega in quanto era solito considerare la caduta della Karelia o della propria capitale come la perdita di un territorio qualsiasi; Umberto; Sergio SJ il Socio; Max Quinta Colonna Marcori; Fulvio FU Picca; Marco e con la partecipazione straordinaria, per una sera, degli amici del clan MSS Poorfool e Banfus.
Quando venne organizzato un torneo cittadino di A&A nell'ambito della manifestazione Fantastika che si svolse al Palasport Ruffini, ci presentammo in due edizioni: nella prima vincemmo, nella seconda invece - iscrivendoci con due squadre - arrivammo primi e secondi e ci giocammo la finale a casa!
Dopo aver provato alcuni tipi di espansione, abbiamo recentemente adottato il regolamento di Axis & Allies Revised, grazie alla sponsorizzazione di Fu che dispone di tre o quattro scatole di ogni versione (Europe, Pacific, Fortress America, Shogun, ecc...)
Ormai l'appuntamento settimanale del venerdì va ben oltre il semplice gioco: è tutto quello che c'è intorno. Intanto l'aspetto eno-gastronomico: ricordo ancora che il primo a inaugurare l'abitudine di portare qualcosa da mangiare... si trattava di una scatola di cantucci comprata in un autogrill mentre rientrava da lavoro... Poi si è passati ai sacchetti di patatine e alla coca cola, qualche volta mi è capitato di andare alle due di notte in qualche birreria a prendere invece le patatine fritte con ketchup e maionese... Poi è stata la volta dei dolci cucinati da Rosalba, moglie di Luciano, annaffiati dai vini portati da Paul e Willem... Ormai l'escalation è inarrestabile e siamo al punto che Paul si porta dietro la macchina per fare i popcorn - intere ciotole! - che peraltro poi mangia in quantità industriale; Soffio continua comunque a integrarne la produzione con maxi-sacchetti; quando giochiamo (?) a casa di Fulvio, ci sforna direttamente un paio di pizze per sera; a casa mia da alcune settimane, tanto per cambiare, ho introdotto le olive, le cipolline sottaceto e un salame...
L'altro aspetto paradossale è la moltiplicazione dei dadi da gioco: si era partiti dai classici sei dadi bianchi e rossi quadrati - di cui specialista assoluto era Paul con il rinomato tiro di sponda sul bicchiere - poi ho portato come prima espansione cinque dadoni di cui quello bianco è stato l'arma preferita da Willem per il tiro sopra la testa. Da quel momento sono arrivati dadi di ogni forma (si, avete capito bene: Willem ha portato dei dadi che non sono... cubi!), formato e colore! Quelli più famosi per le loro prestazioni hanno acquisito nomignoli strani: oro e argento, gli occhi azzurri del serpente, gli arancini, il dado marcio, Qui Quo Qua, i dadini trasparenti, il dado gay, i dadoni goffi...
Prossimamente un post più serio, con la strategia e qualche tattica...




Axis & Allies su Wikipedia (in inglese)


lunedì 13 novembre 2006

The Dark Side Of The Moon

The Dark Side Of The Moon - per gli amici: Dark.

Nato il 31 agosto 1982 da un pastore tedesco e una pastorella belga, venne portato a casa da mio padre per venire incontro al mio grande desiderio di avere un cane; del suo arrivo ebbi notizia mentre ero al corso AUC a Cesano e ricordo che pochi giorni dopo, in occasione del primo 48 ore, quando tornai a casa trovai in un piccolo scatolone due (!) cuccioli, cioè quello che sarebbe stato Dark e il suo fratellino. In quel periodo Dark stava di misura nella tasca dell'eskimo!

Poi fu addestrato da mio padre in commissariato, era bravissimo a saltare, abbaiava a comando e comunque era molto ubbidiente.

C'era solo una cosa che faceva perdere la testa a Dark, la vista di un gatto, anzi bastava la sola parola (gatto? TIN!!!) per fargli drizzare le orecchie e metterlo in allarme.
Era fantastico nella presa al volo del freesbee, si divertiva un mondo quando lo portavamo nel prato vicino a casa, a Selvaggio, e giocavamo con la palla o il freesbee.



Aveva una certa predilizione per Fabio, forse perchè era il più piccolo, comunque lo seguiva ovunque.

Io e Dark eravamo con Mauro all'impianto di corso Tazzoli (ping-pong, piste di pattinaggio...) quando ho conosciuto Paola, che quindi ci ha conosciuti tutti e tre contemporaneamente.
Dark e Rocky - il cane che prendemmo con Paola dopo il matrimonio - andavano abbastanza d'accordo, o meglio, si sopportavano, però il problema sorgeva quando si trovavano insieme da mia mamma o da mia nonna, perchè entrambi si sentivano padroni di casa: così si decise di evitare problemi e Rocky non fu portato più per un certo periodo.

Purtroppo non ero presente nel momento della sua fine; il suo peggioramento fu abbastanza improvviso, era il luglio 1994 e mi trovavo in quel momento in Puglia quando mia madre mi diede la notizia.
Per risollevare il morale del post, e con la citazione del grande Guccini nella Locomotiva,
ma a noi piace pensarlo ancora come un cucciolone
mentre fa correr via i gatti e insegue il pallone





TIME

Ticking away the moments that make up a dull day
You fritter and waste the hours in an offhand way
Kicking around on a piece of ground in your home town
Waiting for someone or something to show you the way

Tired of lying in the sunshine staying home to watch the rain
You are young and life is long and there is time to kill today
And then one day you find ten years have got behind you
No one told you when to run, you missed the starting gun

And you run and you run to catch up with the sun,
but it's sinking
And racing around to come up behind you again
The sun is the same in a relative way, but you're older
Shorter of breath and one day closer to death

Every year is getting shorter, never seem to find the time
Plans that either come to naught or half a page of scribbled lines
Hanging on in quiet desperation is the English way
The time has gone, the song is over,
thought I'd something more to say


TEMPO

Scorrono ticchettando gli attimi che compongono un giorno noioso
tu sprechi le ore percorrendo vie fuori mano
gironzolando per una piccola zona della tua città
aspettando che arrivi qualcuno o qualcosa a mostrarti la via.

Sei stanco di stare al sole o di stare a casa a guardare la pioggia,
sei giovane e la vita è lunga, c’è troppo tempo da ammazzare oggi,
e un giorno ti volti e vedi che dieci anni sono scivolati via,
nessuno ti ha detto quando correre, hai perso il colpo di pistola*.

Allora corri e corri per raggiungere il sole,
ma sta tramontando
e facendo il suo giro per rispuntare ancora una volta dietro di te
Il sole è lo stesso nel suo moto relativo, ma tu sei invecchiato,
il respiro è più corto e la morte un giorno più vicina.

Ogni anno diventa più corto, sembra che il tempo non ci sia mai,
i programmi o falliscono o diventano mezze pagine di linee annotate,
Sopravvivendo nella quieta disperazione alla maniera inglese
Il tempo è terminato, la canzone è finita,
pensavo di avere ancora qualcosa da dire.

* Il colpo di pistola e' quello che viene sparato dallo starter nelle gare di atletica e in questa canzone indica l'aver "perso il momento in cui iniziare a correre".

venerdì 10 novembre 2006

MAugSe

Il MAugSe nasce dall'unione delle iniziali dei nomi dei tre componenti della banda: Mauro, Augusto, Sergio.
Il legame che ci ha uniti (e che ci unisce) si è formato a partire dagli ormai lontani anni delle scuole medie, compagni di classe alla Giovanni Pascoli tra il 1973 e il 1975, oltre trent'anni di amicizia, con frequentazioni più assidue - cioè tutti i giorni - fino a metà degli '80; poi il lavoro e le vicende matrimoniali hanno rarefatto i contatti, specialmente con Mauro.
Per un breve periodo - con tutti i problemi legati alle sue difficili condizioni psicologiche - avevo ripreso a vedere Mauro in maniera continuativa, e devo dire che tutti quegli anni sembravano non essere passati. La sua tragica fine ha interrotto il nostro percorso comune.
Per contro, il rapporto con Sergio (il Socio) è ripreso e si spera possa proseguire, segnale di una ritrovata serenità.

giovedì 9 novembre 2006

Ivan

Ivan Graziani è stato uno dei musicisti che ho amato di più, quello di cui ho visto più concerti (7), che ha rappresentato la colonna sonora di molti anni, in particolare quelli delle scuole superiori.
Infatti, la mia conoscenza di Ivan risale a una gita scolastica, la I D dell'ITC Einaudi di Torino in trasferta sul Lago Maggiore! In pullmann un radio-registratore mangiacassette a pile di Roby Piano (quello stesso su cui poi avrebbe registrato le imitazioni di Verdone e la sua astrologa...) ha diffuso a ripetizione Pigro e Monna Lisa, alternandosi alle chitarre dello stesso Roby e Massimo Suita.
Da quel momento, le canzoni di Ivan hanno accompagnato molte ore di quel periodo, momenti scanditi da Lugano addio (era precedente, ma non la conoscevo ancora), Agnese dolce Agnese, Taglia la testa al gallo, Canzone per Susy, Fuoco sulla collina, Firenze (canzone triste, anche per me), Pasqua (e il ricordo della gita scolastica a Venezia), e ancora Signora bionda dei ciliegi come sottofondo per le corse in macchina da Bologna a Torino quando ero militare... seguiti da altri album anche se qualitativamente inferiori.
Ivan, che conobbi sotto il palco di un suo concerto ai Punti Verdi alla Pellerina e che per poco non portavamo con noi in birreria; Ivan che non mi volle spiegare cosa successe a Ugo l'italiano; e fu durante un concerto di Ivan, a Nichelino, che ebbi la mia crisi d'identità, quando abbandonai tutto e tutti, la ragazza e gli amici con cui ero al concerto, addirittura la macchina con cui c'ero andato, e tornai a casa a piedi (12 km.) prendendo a calci la stessa lattina di coca fino allo stadio Comunale, mettendo tutto in discussione, anche le amicizie più care... e ancora non so cosa abbia fatto scattare quel click...
Poi, senza alcun preavviso pur essendo un personaggio pubblico, un tristissimo Capodanno te ne sei andato, caro Ivan, e io voglio ricordarti così, come tu ricordavi la tua Marta in Lugano addio.


Le scarpe da tennis bianche e blu
seni pesanti e labbra rosse
e la giacca a vento

Oh! Marta io ti ricordo così
il tuo sorriso e i tuoi capelli
fermi come il lago

Lugano addio cantavi
mentre la mano mi tenevi
"Canta con me"
Tu mi dicevi ed io cantavo
di un posto che
non avevo visto mai

Tu, tu mi parlavi di frontiere
di finanzieri e contrabbando
mi scaldavo ai tuoi racconti

"Eh mio padre sì," Tu mi dicevi,
"Quassù in montagna ha combattuto!"
Poi del mio mi domandavi

Ed io pensavo a casa
mio padre fermo sulla spiaggia
le reti al sole i pescherecci in alto mare
conchiglie e stelle
le bestemmie e il suo dolore

Oh ! Marta io ti ricordo così
il tuo sorriso e i tuoi capelli
fermi come il lago

Lugano addio cantavi
mentre la mano mi tenevi
addio cantavi
e non per falsa ingenuità
tu ci credevi
e adesso anch'io che sono qua

Oh! Marta mia addio ti ricordo così

il tuo sorriso e i tuoi capelli
fermi come il lago ...

mercoledì 8 novembre 2006

E adesso, George?

Nelle elezioni di metà mandato, il Presidente americano ha subìto una severa sconfitta e il Partito Repubblicano ha perso la maggioranza alla Camera e - forse - anche al Senato; questo nonostante la notizia della condanna a morte di Saddam gli abbia fatto recuperare alcuni punti dai sondaggi precedenti.
Che sia il segnale che anche il distratto popolo americano abbia iniziato ad aprire gli occhi e si sia reso conto di essere stato per l'ennesima volta ingannato riguardo - per esempio - alla politica estera e alla guerra in Iraq; una guerra iniziata senza il beneplacito delle Nazioni Unite (e ce ne vuole perchè l'ONU non si sottometta agli USA...), forzando, con prove false dell'esistenza di armi di distruzione di massa, l'opinione pubblica mondiale ad accettare un'invasione che aveva il solo scopo di tutelare gli interessi economici legati alle fonti energetiche; forse, addirittura, si scoprirà che anche l'Undici Settembre non tutto è stato come sembrava...

PS: confermata la sconfitta anche al Senato

giovedì 2 novembre 2006

Due Novembre

In questa ricorrenza si è portati a ripensare a tutte le persone care, ai volti, ai gesti, alle voci, di coloro che non ci sono più.
Ci sono scomparse antiche e altre più recenti, tuttavia il tempo non lenisce - se non in minima parte - il senso di mancanza e di vuoto che i più amati hanno lasciato.
Il senso della vita...
Non è solo il titolo di una trasmissione televisiva, è L'INTERROGATIVO che ci portiamo dentro
e che siamo destinati a non risolvere mai: ognuno dà una risposta diversa e in base a quella imposta la sua esistenza; la scala di valori può essere estremamente diversa da persona a persona, tanto quanto possono essere diverse tutte le persone tra di loro.
In altri tempi, un mio amico aveva composto diverse poesie con tale argomento: io non sono in grado di esprimere in versi i sentimenti o gli stati d'animo e mi accontenterò di una citazione.



Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e così sono crudele, così forte sono e dura
che non mi fermeranno le tue mura...

Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare
e dell 'oscura morte al passo andare.

Sei l'ospite d'onore del ballo che per te suoniamo,
posa la falce e danza tondo a tondo
il giro di una danza e poi un altro ancora
e tu del tempo non sei più signora.

(A. Branduardi)

New entry

Balto, il labrador di Angela e Fabio, si riposa dopo una giornata estremamente stressante: è il suo primo giorno nella nuova casa, non è più circondato dai suoi fratellini e dalla mamma, non conosce l'ambiente (per questo problema ha già provveduto a segnare opportunamente il territorio...)
Poi nella notte ha pensato bene di tenere svegli i suoi due coinquilini, perchè non si può solo dormire!
Verso le 3.30 (a.m.) gli è venuta voglia anche di giocare un po'... giusto no?
Infine, stamattina ha conosciuto Sasha, la cugina (pastorella) tedesca, e alla fine si è di nuovo addormentato in braccio a Fabio...
E non posso fare tutto io! - ha detto.


Le avventure di Balto